25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne

Letto 22

Mentre il bip bip della macchina, cui era attaccata con alcuni tubicini, scandiva il tempo indolente della stanza d’ospedale, soltanto il movimento rapido dei globi oculari dietro le palpebre faceva intuire che fosse viva. Lei però era vigile, ascoltava quello che dicevano i presenti, capiva il senso delle loro parole, e  non aveva potuto fare a meno di ridere tra sé alla battuta del fratello sul numero del suo letto, il 22, che nella Smorfia indica  “o’ pazz’ ”.  Sì, suo fratello aveva ragione, era stata proprio pazza a non denunciare il suo compagno, quando, a un mese dal matrimonio, si era presentato a casa con un alone di rossetto sul polsino candido e, alle sua pretesa di una spiegazione, aveva risposto schiaffeggiandola fino a scheggiarle un incisivo.

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Recensione “Il gene maledetto” di Gabriele Ottaviani

di Gabriele Ottaviani

Il terremoto di qualche decennio prima aveva imposto regole di riedificazione rigorose: gli edifici non potevano avere più di due piani, e questo, in fabbricati come quello in cui ero andato ad abitare, consentiva di avere pochi condomini. Io ne avevo solo uno: Maria Volino, cosi era scritto sul citofono, una tizia che si muoveva come un autoblindo, spostava mobili con la frequenza delle esposizioni nelle mostre mercato. Non avrei però potuto giurare che a produrre tutto quel fracasso fosse davvero lei o qualche spirito indomito che fluttuava nel suo appartamento. Quando, a tre o quattro giorni dal mio arrivo nel palazzo, suonò alla mia porta, mi trovai di fronte una ragazza sui ventisette anni, bruna, dagli occhi di un grigioverde indeciso e alta quanto me, fasciata in una tuta attillata verde scuro, che metteva in evidenza una muscolatura tonica. 

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Elogio del Pensiero Critico

 “Articolo di Rosaria Patrone tratto da L’Adelante, giornale della Giovane Sinistra di Bagnoli Irpino, uscito il 14 luglio 2019.

L’insegnamento di Gramsci

Per Gramsci “ogni lingua è una concezione del mondo integrale”, (A. Gramsci, Quaderni, Einaudi Torino, 2007) che comprende a sua volta innumerevoli lingue: vale a dire la concezione del mondo dei diversi parlanti, è il modo di pensare e di sentire di ciascuno di essi.

Per cui è facile comprendere quanto il problema della lingua possa essere allargato a livello politico: la lingua di ciascuna nazione rappresenta la concretizzazione, il risultato – il “portato”, dice Gramsci – delle vicende politiche, sociali e culturali che vi si svolgono.

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33 racconti per 33 autori

INTRECCI   D’AUTORE

 

IMG-20180211-WA0000Ci sono ben 33 racconti nel libro Intrecci d’Autore, edito da Intrecci Edizioni, in edicola da qualche settimana.

Trentatré racconti di trentatré autori diversi, che hanno voluto dare il loro contributo per realizzare un libro i cui proventi saranno devoluti alla Onlus romana “Casa di Ibrahima,” che si occupa di bambini del Senegal.

È una raccolta rivolta a un pubblico ampio, ci sono racconti adatti a ogni età, per lettori esigenti e per chi vuole immergersi per qualche ora in storie piacevoli. Non mancano temi di grande attualità, come l’emarginazione dei senzatetto delle grandi città che abitano i sottopassaggi dei treni, “… dove le figure alle pareti vibrano sotto il passaggio dei treni… diretti verso un mondo migliore” cit. da “Fidarsi del buio” di Sara Carnevale.

Nel racconto “Natale 2.0” si parla invece dell’alienazione dei giovani in un futuro non meglio definito, che, non più in grado di esprimere il proprio pensiero, anche quello conciso e scarno dei social, delegano una figura nuova, una persona che lo fa per mestiere, da pagare in crediti: “… amicizia 500 crediti, amore 700. Dieci in più se vuoi che pubblichi direttamente io sul tuo profilo, così ti risparmi anche la fatica di quello.” Cit. da “Natale 2.0” di Maurizio Roccato.

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La polvere di Natale

Al 75 di Vicolo delle Stelle, traversa di via Toledo, che si inerpica fin nel cuore dei Quartieri Spagnoli, ci abitavano i signori Innecco. Da alcuni giorni le finestre erano chiuse e non si sentivano rumori o voci dall’interno. Nessuno entrava o usciva. C’era sempre stato un gran via vai nel loro ‘basso’, sin da quando avevano comprato il bilocale, con annesso uno stanzone, intrecciun vano molto ampio, illuminato da una fenditura lunga e stretta, e arredato con due tavolacci, ognuno con su un paio di bilancini di precisione.

L’otto dicembre, Agnese aveva addobbato il portoncino di casa con una corona di pungitopo finto e,  davanti all’ingresso del basso aveva messo un abete agghindato con luci, palline argentate, e una spruzzata di polvere candida.

Antonio, il marito, come tutti gli anni, aveva costruito con grande maestria il presepe, che occupava metà del soggiorno e che tutto il quartiere gli invidiava, tanto da fare a gare per eguagliarlo.

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Profumo di Provincia

 

Caro Douglas,

 

Sapere che torni in Italia tutti gli anni, per rivedere gli amici di questa città controversa, eppure bellissima, che è Napoli, è per me una certezza a cui non sono disposta a  rinunciare. Purtroppo però quest’anno devo annullare il nostro appuntamento agostano perché la mia mamma si è ammalata.

foto-13 (1)La tristezza di sapere che non ti rivedrò durante la stagione che già anticipa il suo spirito vacanziero, mi  riporta alla memoria, per contrasto e con una certa nostalgia, il nostro primo incontro. Ricordo, come se fosse ieri, che era un giorno di metà novembre del 1989, quando i colleghi mi informarono che sarebbe arrivato un giovane e brillante ricercatore dell’Orto Botanico di New York.

Approntai con loro un programma sommario per intrattenerti nel migliore dei modi, e fu subito evidente che avrei dovuto invitarti, a casa mia, insieme al resto del gruppo, almeno per una cena.

Il rito dell’ospitalità è un impegno e un piacere a cui nessuno di noi si è mai sottratto e non fece  eccezione accogliere te.

Quindi mi attivai presto per organizzare a casa mia un pranzo di benvenuto. La cucina non è mai stata una mia grande passione, come, negli anni, hai avuto modo di appurare, e perciò fu la scelta delle portate da mettere in tavola a mandarmi in crisi. Ero infatti combattuta tra i piatti tipici di montagna, che conoscevo e amavo da sempre e quelli che il luogo di mare, dove vivevo da tempo, mi suggeriva con una certa insistenza.

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Voleva essere Anita Moorjani

Mario aveva capito con uno sguardo che per me era la prima volta, quando mi affacciai titubante sulla porta della stanza dove lui sedeva con altre persone, in attesa delle sacche di farmaco da farsi iniettare. Ero lì un po’ riluttante, forse non del tutto consapevole di avere un problema serio.

Poco più di un mese prima, una mattina di fine febbraio, ero uscita dal bagno piuttosto preoccupata, avevo sanguinato più del solito ed ero cosciente, ormai, di non poter più rimandare la visita dal medico.

La diagnosi di carcinoma di grado severo, esito della biopsia che il gastroenterologo, a cui il mio medico mi aveva indirizzata, aveva effettuato attraverso una indagine endoscopica, indispensabile a individuare l’anomalia che mi causava la perdita di sangue, mi aveva lasciata in una sorta di impassibilità, che non riuscivo a giustificare. Era sparita ogni traccia di quel terrore che mi aveva impedito di consultare, già alle prime avvisaglie di uno strano sanguinamento, il mio medico di famiglia, per paura che mi obbligasse a fare degli esami piuttosto invasivi. Continua a leggere